Mea She’Arim è il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme. Un luogo fuori dal mondo e dalla ragione. La sensazione è quella di visitare uno shtetl (villaggio tradizionale ebraico) dell’Europa orientale della fine del XIX secolo. Gli Haredim (ebrei ultraortodossi) si traferirono a Gerusalemme dalla Polonia, dalla Germania e dalla Lituania, conservando intatte le loro tradizioni.
Gli uomini indossano completi scuri, sotto la camicia il tallit katan (un telo rettangolare con un foro per la testa, l’unica parte visibile sono le quattro frange ai lati), fedoras (cappelli neri a tesa larga) nei giorni feriali e spodik (cappelli di pelo) nelle festività ebraiche.
Portano capelli corti con i payot, i boccoli ai lati della testa.
Le donne, dopo essersi sposate, sono costrette a tagliare i capelli e coprire la capigliatura con una parrucca. Indossano gonne a metà polpaccio e le braccia devono essere sempre coperte, così come il resto del corpo, in nome della modestia.
Se questo abbigliamento rigoroso, poteva funzionare nella fredda Europa orientale del secolo scorso, stride fortemente con il caldo mediorientale di Gerusalemme.
La lingua di Mea She’Arim è l‘yiddish (un dialetto ebraico originario dell’Europa orientale con discendenze tedesche), l’ebraico è la lingua del Talmud e non può esser usato nella vita quotidiana. La maggior parte degli uomini non lavora, ma studia, per tutta la vita il Talmud, nelle Yeshiva, ricevendo sussidi da Israele, uno stato che non riconosce perché troppo laico e moderno.
Il tasso di natalità è il più elevato dell’intera città, con una media di 7,5 figli a donna. Le donne, oltre al gravoso carico domestico, sono costrette a lavorare per mantenere la famiglia.
I bambini ricevono un’istruzione esclusivamente religiosa, chi abbandona la comunità viene bandito dai suoi familiari e non più farvi ritorno.
Gli Haredim non possiedono televisori, ma si affidano solo alle pubblicazioni approvate dalla comunità per avere informazioni. Possiedono invece dei cellulari kosher, senza connessione ad internet e senza la possibilità di inviare sms, la cui unica funzione è telefonare.
Durante lo Shabbat il quartiere viene isolato dal resto della città per evitare il passaggio di veicoli a motore.
Consigli per la visita
E’ possibile visitare
Mea She’Arim con alcune accortezze: un abbigliamento
modesto e decoroso per gli uomini, ma soprattutto per le donne. Nessun gesto di affetto in pubblico e nessun contatto ed interazione con gli abitanti.
Se come me avete letto ed apprezzato
Ex ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche (libro da cui è stata tratta la serie di successo di Netflix) e non vi siete persi una puntata di “
Shtisel” ambientata
proprio a
Mea She’Arim vi consiglio questa
visita ultraortodossa!