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Come mi è venuto in mente di andare a Scampia? Luogo di degrado di spaccio, di criminalità, solo questo si pensa quando la si sente nominare.
La risposta a questa domanda non è semplice, tutto è nato guardando Gomorra, la serie tv che mostra un unico aspetto di Scampia e Secondigliano quello ben noto alla cronaca. A questo si aggiunge la fascinazione di un luogo desolato come le vele, che sono diventate tristemente il simbolo del quartiere. Insomma le volevo vedere.

Scampia Trip Tour
Ma, mentre riflettevo sul senso di una visita del genere, ho capito che non poteva essere semplicemente come si racconta in Gomorra e nella cronaca, doveva esserci altro. Volevo andare oltre il desiderio voyeruristico di visitare un luogo, volevo capire qualcosa in più di una realtà per me molto lontana.
Ho fatto qualche ricerca in rete e ho trovato http://www.scampiatriptour.it
Un viaggio nei luoghi, nelle storie e nella bellezza di chi ogni giorno (r)esiste alle brutture della periferia e della camorra.
Ecco avevo trovato una risposta. Cosi ho conosciuto Daniele Sanzone, socio fondatore di Scampia Trip Tour, nato e cresciuto nel quartiere, di una napoletanità entusiasmante.
Quando ci siamo sentiti per concordare il tour ci ha tenuto a spiegarmi:
La parola tour è fuorviante perché è un giro dentro alle storie e fuori dagli stereotipi, noi cerchiamo di raccontare la complessità del quartiere. La bellezza che vedrai non è certamente una bellezza consuetudinaria, è una bellezza fatta di persone, di resistenza, di racconto, di narrazione".
Mi sono detta ho incontrato la persona giusta.
Daniele, scrittore, fondatore, voce e autore della rock band di Scampia ‘A67. Significativo il nome del gruppo, che fa riferimento alla legge 167, che ha creato l’edilizia popolare in Italia e permesso la nascita di Scampia.
Non posso non citare il primo album.
E se 'a paura fa nuvanta 'a dignità fa Cientuttanta tanta tanta tanta tanta voglia 'e cagnà voglia 'e cagnà
'A67
La stazione della metropolitana Piscinola Scampia
Arriva il giorno tanto atteso, metropolitana destinazione Scampia. Il treno dal centro di Napoli fa un percorso prima sotterraneo e poi esce alla luce del sole, si delinea il quartiere, le vele svettano su tutto. Provo un’emozione nell’essere qui. Un quartiere difficile, la sua triste storia lo precede. Ora finalmente ci sono, posso farmi un’idea mia, non influenzata da racconti fin troppo noti.

La stazione è enorme completamente ristrutturata e abbellita dalle riproduzioni delle opere del muralista Felice Pignataro, di cui parlerò in seguito. Grazie alla bellezza di questi murales la fermata è chiamata anche FELImetrò e rientra nelle fermate dell’arte della metropolitana di Napoli.

Finalmente incontro Daniele, che da subito inizia a raccontare la realtà di Scampia. Una realtà diversa.
Il murales di Agor Jorit
La prima immagine di Scampia, all’uscita dalla metropolitana sono i due giganteschi murales dello street artist Agor Jorit: PierPaolo Pasolini e Angela Davis. Entrambi con i visi solcati dal tratto Human Tribe, segno distintivo dei ritratti di Jorit.

Sono due guerrieri, spiega l’autore, pronti ad abbattere le sbarre di una prigione che è metaforicamente rappresentata dalla periferia.
Le Vele

Daniele spiega come e perché sono state costruite. Sono parte di un progetto abitativo di edilizia popolare nato negli anni Sessanta, con la legge 167, emanata per favorire le acquisizioni di terreno per dare un alloggio alle famiglie in condizioni economiche precarie. Il progetto iniziale, realizzato negli anni Sessanta/Settanta, non è solo abitativo, ma è prevista anche la realizzazione di centri sociali, spazi comuni per creare una comunità. Questo però non avviene si costruiscono solo le vele e null’altro.
Le vele sono sette, nominate con le lettere A, B,C D, F, H, G. Lunghe cento metri per quarantacinque di altezza per un totale di quattordici piani.L’architetto Francesco Di Salvo progetta le vele con una forma triangolare che si ispira alla vela latina, da qui il nome. Due corpi di fabbrica, separati da un vuoto centrale, paralleli tra loro, uniti da dei ballatoi sospesi a mezza altezza rispetto alle quote delle abitazioni. L’idea è quella di ricreare i vicoli del centro storico, quindi una comunità. Camminando su ballatoi che collegano i vari appartamenti si sarebbe potuto sentire il vociare delle persone, il profumo di cibo, insomma la Napoli cosi affascinante ed unica del centro storico. Per una serie di errori progettuali, questi ballatoi però diventano bui e malsani.

Il progetto dunque non ottiene i risultati sperati. Il terremoto dell’Irpinia del 1980 peggiora ulteriormente la situazione: aumentano gli sfollati, le graduatorie per l’assegnazione delle unità abitative vengono disattese e molte famiglie occupano abusivamente gli alloggi. Il sovraffollamento trasforma i porticati, previsti nel progetto, in abitazioni di fortuna. Gli appartamenti sono umidi in quanto la luce non riesce ad entrare nelle stanze che si affacciano sull’interno, le tubazioni sono in pessime condizioni e mancano gli ascensori. Dopo la costruzione non verrà mai più fatta manutenzione.

A questo va aggiunto che lo stato si dimentica di Scampia fino al 1987, anno in cui viene istituito il primo commissariato di polizia. Quindici anno dopo la consegna degli alloggi. Tutti questi errori di valutazione portano a una situazione di grave degrado, rapidamente le vele da utopia abitativa, ispirata ai principi delle unites d’habitation di Le Corbusier, si trasformano in luogo di spaccio e criminalità, lasciando terreno libero alla camorra.
Tra il 1997 e il 2003 vengono abbattute tre delle sette vele, nella speranza di ridurre il degrado. Si aggiunge una classificazione cromatica per individuare le strutture rimaste in piedi: vela rossa, vela verde, vela gialla, vela celeste. La vela verde dovrebbe essere abbattuta entro l’anno.
Loro malgrado queste strutture, da sempre abitate dagli ultimi, sono diventate il simbolo della miseria e dell’abbandono, non solo di Scampia, ma delle periferie in genere, intese solo come quartieri senza speranza.
Con il progetto di abbattimento delle vele sono state costruite nuove realtà residenziali con un approccio sicuramente meno utopico, ma più funzionale, per accogliere gli aventi diritto dopo l’abbandono delle vele.

Il giardino dei cinque continenti e della non violenza.

Questo luogo è rinato grazie ai volontari di Rete Pangea, la cui mission è un percorso di educazione alla non violenza.
Sorto sulle ceneri di sei discariche è stato trasformato in un giardino, grazie all’associazione e a una scuola superiore di quartiere. Le aiuole sono dedicate ai cinque continenti e al bacino del mediterraneo, da qui il nome.
Significativo è il murales lungo centotrenta metri, con i volti degli uomini e delle donne che si sono distinti per la lotta alla violenza.

L'incontro con Mirella La Magna

Grazie a Daniele, ho la possibilità di conoscere Mirella La Magna, e sentire dalla sua voce il racconto del quartiere e di un progetto di vita e di aiuto alla comunità davvero significativo.
Mirella è la moglie di Felice Pignataro, fondatore del centro sociale Gridas, di cui parlerò più avanti.
Mirella, come memoria storica di Scampia, è qui da sempre. Una donna piena di energia, che mi travolge e affascina con la sua narrazione, la starei ad ascoltare per ore. Grazie al suo racconto è possibile capire alcune dinamiche e scelte, spesso scellerate, che hanno portato alla situazione di degrado ben nota.
Come Scampia è diventata Scampia

La storia di Mirella e Felice inizia a Poggioreale, nel 1967, con il doposcuola ai ragazzi che vivono nelle baracche , molte famiglie vivono in quelle condizioni dalla fine della guerra, dopo aver perso la casa. Nella baracca 128 ha sede il loro dopo scuola quotidiano.
L’emergenza case porta a costruire un primo nucleo abitativo, non si tratta ancora di palazzi enormi, ma di palazzine con vicini i servizi per la comunità: negozi e scuole. Cosi nel 1969 Felice e Mirella, seguono i loro ragazzi, che hanno avuto la casa, portandosi al seguito la porta della baracca e il loro doposcuola diventa Scuola 128, dal numero della baracca a Poggioreale. Questa esperienza dura fino al 1978.
Gli alloggi non bastano mai, i tempi di costruzione sono lunghissimi e le liste per l’assegnazione vengono disattese, cosi le famiglie, esasperate dalla situazione, occupano abusivamente, appartamenti più o meno finiti, dove spesso mancano gli allacciamenti all’acqua potabile e elettricità. Le nuove abitazioni sono ancora vicine al nucleo originario del quartiere, quindi si possono raggiungere i servizi e soprattutto la scuola; tuttavia si crea un sovraffollamento di bambini, che il servizio scolastico non riesce a gestire, se non con bocciature in massa per ridurre il numero di alunni per classe.
Nella fase sucessiva di costruzione si progettano i grandi palazzi, senza nessun tipo di servizio alla comunità, creando un enorme quartiere dormitorio, in cui manca tutto, perfino le strade. Molti bambini non frequentano la scuola, mancando i negozi alcuni iniziano a vendere senza licenza. Si fanno i primi passi nell’illegalità, lo stato latita, lasciando ampio spazio alla camorra.
Il terremoto dell’Irpinia del 1980, aggrava una situazione già estremamente precaria. Quando arrivano i soldi per la ricostruzione, i grandi appalti ( movimento terra, abbattimento e costruzione) sono nelle mani della camorra, che fa un salto di qualità. Se negli anni Settanta si occupava di criminalità spicciola, come il contrabbando delle sigarette, racket, prostituzione, negli anni Ottanta si allea con i cartelli della droga sudamericani portando enormi quantità di droga a prezzi bassi e Scampia diventa il luogo di spaccio ideale: enormi viali, zone abbandonate, le vele, si trasformano nelle piazze di spaccio, che tutti, grazie alla cronaca, conosciamo.
Nel 2004 si arriva alla prima faida di Scampia, una lotta tra clan con numerosissimi morti, spesso innocenti.
Nel 2006 Roberto Saviano pubblica Gomorra tutto questo arriva al grande pubblico, dopo il film la serie tv, continua per svariate stagioni, questo tipo di narrazione sul quartiere. Inoltre Gomorra, gioca un ruolo importante nell’esaltazione dell’illegalità della camorra. E’ innegabile che, dopo poche puntate, oltre ad essere soggiogati dalla narrazione, si finisce irrimediabilmente per fare il tifo per i camorristi. Io stessa seguendo la serie ho subito questa fascinazione, l’effetto sarà notevolmente ampliato in un ragazzo che questa realtà la vive ogni giorno.
Scampia oggi
Lo stato, dopo le faide interviene con la repressione. Le piazze di spaccio, raccontate in Gomorra, in cui era impossibile entrare, persino per i residenti, senza farsi riconoscere non esistono più, ma l’immagine, a livello nazionale ed internazionale, di Scampia è rimasta invariata.
Certo la repressione è stata utile, spiega Mirella, ma da sola non basta. Occorrono studio e lavoro, ci vuole un’alternativa.
Lo studio non ti assicura un lavoro, ma almeno ti insegna dove non cercarlo.
Mirella La Magna
Quando manca l’istruzione non si sceglie volontariamente di finire nello spaccio semplicemente non c’è altro. L’illegalità entra a far parte della mentalità delle persone.
Il Gridas

Nel 1981 Felice Pignataro, con la moglie Mirella, fonda il centro sociale Gridas Gruppo risveglio dal sonno con chiaro riferimento all’opera di Francisco Goya, Il sonno della ragione genera mostri.
I murales di Felice Pignataro
La forma di espressione scelta da Felice Pignataro è il murales, il suo modo per farsi conoscere. Si vive nel cemento e nel grigiore, cosi il desiderio di abbattere le barriere, fisiche e simboliche, trova la sua via nel dipingere questi muri.
Muri che sono anche quelli dei luoghi di aggregazione, spesso molto poco vivi e aggreganti cosi dipinge con gli alunni le scuole per cancellare l’idea che il luogo pubblico non è di nessuno, ma può essere di tutti. La scuola può essere partecipazione, non solo obbligo.
Con il passare degli anni i murales hanno sempre maggiore successo, tanto che varcano i confini di Scampia raggiungendo l’Italia, da Trento a Reggio Calabria.
I Murales diventano la voce di quelli che non hanno voce.
Felice Pignataro
L’obiettivo del muralista è quello che queste immagini di speranza contrapposte alla realtà possano smuovere le coscienze per passare all’azione per rendere possibile un cambiamento.
E comunque, nell'attesa che si riesca a partire, non è del tutto senza senso allietare, almeno, l'attesa con un po' di colore sulle pareti del nostro carcere quotidiano.
Felice Pignataro
Felice Pignataro viene a mancare nel 2004, ma visitando il Gridas la sua presenza è ovunque, nei murales, ma soprattutto nelle parole di sua moglie Mirella, che con coraggio porta avanti il suo progetto.
Per un approfondimento http://www.felicepignataro.org
Mirella mi saluta donandomi un santino di San Ghetto, il santo protettore delle periferie.
Il Carnevale di Scampia

Il Gridas ogni anno organizza questo evento, il tema scelto ha sempre a che vedere con l’attualità soprattutto con la denuncia sociale. Nato da un’idea di Felice Pignataro, nel 1983, oggi coinvolge le molte associazioni che quotidianamente lavorano a Scampia.
Officina delle culture Gelsomina Verde

Daniele mi porta alla sua scuola superiore l’istituto professionale Ipsia di Miano. Oggi non è più una scuola, ma è diventata l’Officina delle culture Gelsomina Verde.
Gelsomina Verde è una ragazza vittima innocente di camorra, che ha pagato con la vita, a soli ventidue anni, una breve relazione con un camorrista. Alla sua tragica fine è dedicato questo centro.
Durante la faida di Scampia le iscrizioni all’istituto crollano e la scuola viene chiusa. Diventando un luogo della camorra, per il deposito delle armi e lo spaccio di droga.
Nel 2012 Daniele e Ciro Corona, l’altro socio fondatore, con Daniele, di Scampia Tour Trip, riescono ad ottenere l’affidamento dell’edificio. Occorrono due anni di lavoro per bonificare l’edificio dallo stato di abbandono in cui si trova. Daniele mi racconta di decine di bidoni pieni di siringhe.
Oggi l’officina delle culture è un polo di associazioni culturali che offre molto: dai corsi di fitness e per le donne alla biblioteca, è anche un punto di ritiro Amazon e un laboratorio dove gli ex detenuti possono imparare il mestiere di falegname.
Qui ho modo di conoscere il fratello di Daniele l’artista Amedo Sanzone e le sue opere. Il suo laboratorio è all’interno dell’Officina delle culture, proprio nella stanza che, in passato, è stata l’aula scolastica frequentata da Daniele.

CHIKU'

Dopo tutto questo parlare arriva anche il momento di mangiare qualcosa e Daniele sceglie CHIKU‘ un ristorante italo-balcanico all’ultimo piano dell’Auditorium di Scampia.

Dalla terrazza del ristorante si può ammirare la Villa Comunale, l’enorme parco di Scampia.

Inoltre la terrazza offre una vista privilegiata sull’edificio che ospiterà la nuova sede della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università Federico II.
Dove prima sorgeva la vela H ora c’è l’università.

Chikù non è solo ristorante, ma un luogo di aggregazione e sede dell’associazione chi rom e… chi no, nata nel 2002 a partire dalla creazione di relazioni significative tra la comunità rom e quella italiana a Scampia.
Da Chikù si mangia benissimo e l’atmosfera è molto accogliente. E’ molto di più di un ristorante https://www.chiku.it
Un'altra Scampia
Il pranzo è l’occasione per fare altre domande a Daniele, che non si risparmia, anzi con il suo modo di fare aperto e sincero racconta aneddoti divertenti, che riescono a far sorridere anche su un tema cosi serio.
Mi spiega che qui scegliere tra giusto e sbagliato non è cosi facile. Quella che lui correttamente chiama zona grigia, a Scampia è molto ampia. Quando non si hanno altre alternative, quando tutto viene meno, e l’unico lavoro possibile è illegale si può ancora parlare di scelta?
Parlando della faida tra clan mi spiega che, come sempre, la cronaca semplifichi facendo una conta dei morti, ma aggiunge che non si parla mai dei morti ammazzati nelle speranze.
Daniele è molto più di guida, ha vissuto qui, ha avuto il coraggio di fare una scelta diversa. Quella più difficile. Rifiutare le lusinghe della camorra, la vita facile, e non solo essere una persona onesta, ma denunciare, portare allo scoperto raccontare che Scampia non è solo bruttura, periferia e degrado, ma che in questo enorme quartiere c’è dell’altro. E questo Daniele lo fa “portando a spasso” per i viali di Scampia, le persone che hanno il coraggio di andare oltre il pregiudizio e che qui decidono di venirci consapevolmente mostrando una realtà che deve essere raccontata per una volta in modo diverso.
Non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi mostrato tutto questo.
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Ciao, sono Paola, lettrice da sempre e viaggiatrice da molto. Libri e viaggi, più che passioni per me sono due vere ossessioni.
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