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Parto. Non dimenticherò né la Via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli. Ai miei occhi è senza nessun paragone la città più bella di tutto l'universo.
Stendhal

Sono partita per Napoli con delle aspettative, delle immagini. Come succede in ogni viaggio entrambe si sono sgretolate una volta arrivata. Sapevo cosa aspettarmi e quello non l’ho trovato. Ho incontrato qualcosa di molto più interessante delle mie idee: la realtà di una città viva, complessa, affollata, a tratti caotica, che finisce per inglobarti nel suo continuo movimento. un museo a cielo aperto, talmente stratificato che le varie epoche storiche si uniscono tra loro. Qui contemporaneo e antico si fondono alla perfezione, ma nessuno dei suoi abitanti ci fa troppo caso. Può capitare che in una cantina, usata per il mercato nero durante la guerra , compaiano resti romani, come nel ritrovamento del teatro greco romano che spunta in basso dove una famiglia vive da anni. Questa è Napoli. Questa è la Napoli che ho incontrato, ancora una volta attraverso i libri che raccontano di questa città, che la descrivono e la amano, come non si può non fare.
Il centro storico di Napoli
Tra Via dei Tribunali e SpaccaNapoli si snoda il centro storico della città, Patrimonio Unesco dal 1995. A piedi si possono raggiungere tutti i punti di interesse.
Via dei Tribunali
Via dei Tribunali è una delle strade più antiche di Napoli, di origine greca e citata da Boccaccio e Petrarca: Deve il suo attuale nome al vice Don Pedro de Toledo che decise di raggruppare tutti i tribunali della città in un’unica via.
Percorrere questa via, seppur eccessivamente turistica, resta ancora oggi un piacere, in ogni angolo numerose meraviglie che, rendono Napoli una città unica, meravigliosamente unite alla vita di strada, al profumo di cibo delizioso che ti avvolge e ti invita a lasciarti andare.
Il Duomo e la Cappella del Tesoro di San Gennaro

Da quattordici secoli infatti, a partire dal giorno del suo martirio a Pozzuoli, San Gennaro limita la sua attività miracolosa a Napoli, e si è convinti che non muoverebbe un dito per salvare il resto del mondo dalla distruzione. Il suo compito è di tenere a bada il fuoco del Vesuvio, ma a esclusivo beneficio di Napoli.
Norman Lewis, Napoli '44
La chiesa nella chiesa, la famosissima Capella di San Gennaro, il santo più famoso e venerato di Napoli. Progettata da frate Francesco Grimaldi come ex voto per aver posto fine alla pestilenza e alle eruzioni del Vesuvio, che nel Cinquecento avevano decimato la numerosa popolazione napoletana. Realizzata interamente con le donazioni dei napoletani è un capolavoro del Barocco italiano. Gli affreschi sono realizzati dal Domenichino pittore emiliano che suscitata l’indivia della Cabala Napoletana, l‘associazione dei pittori napoletani, gelosi che un così importante lavoro fosse stato affidato ad un forestiero, realizza opere straordinarie. Il pittore muore prima di aver completato la sua opera, si presume avvelenato. La cappella sarà terminata da Giovanni Lanfranco.
San Gennaro sottoposto a martirio nel 305 d.c. prima viene dato in pasto alle fiere, che si inginocchiano ai suoi piedi, si tenta quindi con il fuoco che, però, brucia i pagani e non il Santo ed infine muore per decapitazione, ma una donna raccoglie il suo sangue in un’ampolla.
La cappella è famosissima perché contiene il sangue del Santo che due volte l’anno si liquefa proteggendo cosi la città dalle calamità, in particolare modo dalle eruzioni del Vesuvio.
San Gennaro e il Vesuvio
L'unico periodo nella storia durante il quale la città abbia tentato di cambiare santo e le conseguenze che ne sono derivate. Quando nel 1799 l'esercito di Napoleone prese Napoli, il santo fu chiamato a partecipare alla resistenza contro gli occupanti. I preti addetti al suo culto dichiararono che il primo sabato di maggio non si sarebbe verificata, a differenza di quanto accadeva ogni anno, la miracolosa liquefazione del sangue coagulato custodito in un'ampolla all'interno della cattedrale: poiché da sempre si credeva che la prosperità di Napoli dipendesse da quel miracolo ricorrente, ci furono tumulti, durante i quali vennero uccisi alcuni soldati francesi. Alle otto di sera di quel sabato, quando già una turba urlante e inferocita si stava raccogliendo per le strade, un ufficiale dello Stato Maggiore francese si presentò dal prete che avrebbe dovuto officiare la cerimonia accordandogli dieci minuti per far accadere il miracolo, allo scadere dei quali sarebbe stato fucilato. Il sangue si sciolse immediatamente, ma San Gennaro, accusato dai napoletani di collaborazionismo, fu destituito e la sua effige gettata in mare. Venne sostituto da sant'Antonio Abate, scelto in quanto protettore celeste contro il fuoco, ma risultò che le sole fiamme che questi potesse estinguere.... erano quelle provocate dall'uomo. Dalle testimonianze storiche risulta che sotto il controllo di sant'Antonio le abitazioni private in pratica smisero di prendere fuoco, ma alla prima eruzione del vulcano il santo si rivelò impotente, e quando ormai la colata stava avanzando verso la città alcuni pescatori vennero inviati a dragare il fondale marino per recuperare san Gennaro. Ci fu un attimo di crisi, poiché i pescatori avevano un bel cercare, ma la statua era rimasta sott'acqua per molti anni e non si trovava. Tuttavia all'ultimo momento venne in aiuto una statua del santo eretta sul ponte di Maddaloni, e chissà come dimenticata, che andò incontro alla lava sollevando e spalancando le sue braccia di marmo. Con questo evento miracoloso, che si dice abbia avuto migliaia di testimoni, i giorni di sant'Antonio erano finiti. San Gennaro era tornato.
Norman Lewis, Napoli '44
Caravaggio a Napoli: angeli e santi dai volti terreni
Michelangelo Merisi arriva a Napoli il 6 ottobre del 1606, come fuggitivo, su di lui pende una condanna a morte eseguibile da chiunque, egli è stato condannato per aver ucciso un uomo in un duello. Napoli è sotto il dominio spagnolo, è una città molto popolosa e poverissima.
Il suo primo lavoro gli viene commissionato per la cifra, record dell’epoca, di quattrocento ducati dal Pio Monte di Misericordia, ente benefico laico, nato dall’unione di sette nobili che si riuniscono in associazione per aiutare i più poveri.
Pio Monte della Misericordia
Le Sette opere di Misericordia, considerato da molti il dipinto più importante di Napoli, campeggia sull’altare maggiore della Cappella del Pio Monte di Misericordia. Caravaggio si mette all’opera cercando i suoi modelli per strada tra uomini del popolo e prostitute. I santi acquisiscono così un aspetto prettamente terreno. I santi sono reali e non più ideali. L’uso sapiente di luce e ombra fanno di questo dipinto un capolavoro.

Il Merisi riesce a riunire in un’unica tela le sette opere di misericordia: Chierico con la fiaccola seppellisce i morti, di cui si vede il solo piede, Pero, figlia di Cimone, nutre, allattandolo, il padre carcerato, costretto a morire di fame, splendido il particolare della goccia di latte sulla barba. Unendo cosi due opere, dare da mangiare agli affamati e visitare carcerati. San Martino, nel vestire gli ignudi dona il suo mantello ad un mendicante che si rivela il Cristo. In questo episodio si vede in basso a sinistra uno storpio, curare gli infermi .
Dare da bere agli assetati un uomo che beve da una mascella d’asino. Ospitare i pellegrini, sono i pellegrini del cammino di Santiago di Compostela, lo si capisce dalla conchiglia del cappello.
L’inedito, per l’epoca, legame con la realtà che Caravaggio riesce a realizzare sulla sue tele, in cui è il popolo ad essere raffigurato, modifica profondamente la pittura del seicento napoletano. Lo stesso avverrà per le altre due opere realizzata da Merisi a Napoli La Flagellazione di Cristo e la sua ultima opera in assoluto, Il Martirio di Sant’Orsola, infatti morirà poco tempo dopo averla realizzata.
La Guglia di San Gennaro
Di fronte al Pio Monte di Misericordia svetta la Guglia di San Gennaro, eretta nel 1636, come ringraziamento per aver protetto la città dall’eruzione del Vesuvio del 1631.
La Cappella Sansevero e il Cristo Velato

La cappella, capolavoro del tardo barocco napoletano, nasce come luogo di culto privato della famiglia Di Sangro è in realtà un tempio massonico, in cui è possibile compiere un percorso mentale e simbolico di purificazione interiore.
Sebbene, come racconta Benedetto Croce, il Principe Di Sangro era tutt’altro che puro.
E' il Principe di Sansevero o il "Principe" per antonomasia, che cosa è altro in Napoli, per il popolino delle strade che attorniano la Cappella dei Sangro, ricolma di barocche e stupefacenti opere d'arte, se non l'incarnazione napoletana del dottor Faust o del mago salernitano Pietro Barliardo che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto quasi un diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti di natura o compiere cose che sforzano le leggi di natura?...... all'artista che scolpì per la sua cappella il Cristo morto, trasparente sotto un velo di marmo, e che vi lavorò la vita intera, fece cavare gli occhi affinché non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura.
Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane
Le statue, tra le quali spiccano La pudicizia e Il Disinganno, e gli affreschi che la decorano sono disposti secondo il percorso iniziatico del tempio massonico. Un cammino spirituale che porta alla conoscenza, un percorso non facile come descritto anche dal pavimento che è un labirinto. Per raggiungere la conoscenza l’iniziato deve affrontate molto prove difficili.
Ma la fama della Cappella Sansevero è dovuta al Cristo Velato, straordinari scultura marmorea di Giuseppe Sanmartino. Creata da un blocco unico di marmo, il corpo morto del Cristo è coperto da un velo sottile, anch’esso di marmo, attraverso il quale sono visibili i segni del martirio e della crocifissione e il volto segnato dalla sofferenza.

Degne di note le due macchine anatomiche al piano inferiore, gli scheletri di un uomo e di una donna in cui è perfettamente visibile il sistema circolatorio. A più di due secoli di distanza, resta aperto il dibattito sulla loro veridicità.
Complesso monumentale di Santa Chiara

Imponente struttura gotica della basilica, gravemente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, lascia il posto ai chiostri con favolosi affreschi e splendide maioliche. I sentieri dividono, a croce, il giardino sono delineati da settantadue colonne di maioliche e panche di raccordo.
San Gregorio Armeno

La famosissima via dei presepi: trabocca di ogni genere di statuine: dalle classiche ai personaggi di attualità. Di sicuro, non si incontra la qualità e la maestria dl vero presepe napoletano, ma è divenuta, nel tempi un simbolo di quest’arte unica.
Chiesa di San Gregorio Armeno

Apoteosi del barocco napoletano. Altare sontuoso, soffitto e cantorie in cartapesta e legno, la rendono unica.
Via Toledo
La celebre Via Roma, già Toledo, dal nome del viceré Don Pedro, che la fece aprire nel 1536 sul fosso ovest della cinta aragonese. Questa rettilinea, in lenta salita da sud a nord, lunga due chilometri e 250 metri, come avvertono le guide, è l’arteria principale della città. Stendhal la definì “la via più gaia e più popolosa dell’universo”, suppongo che questa fama le sia rimasta.
Anna Maria Ortense, Il mare non bagna Napoli
Piazza del Plebiscito

Le statue dei re aragonesi, normanni, svevi, spagnoli, angioini, quante volte mi passano accanto con l’intero Palazzo Reale mentre correvo…
Giuseppe Marotta, L’oro di Napoli
E’ la piazza più conosciuta di Napoli, con la chiesa di San Francesco di Paola sullo sfondo e palazzo reale alle spalle. Nota anche per il gioco, mai riuscito, di attraversare bendati o a occhi chiusi percorrendo circa 170 metri tra le due statue equestri. Pare che nessuno sia mai riuscito ad giungere da un punto all’altro in linea retta.
Galleria Umberto I

Sul modello della galleria di Milano, in versione più piccola.
Gran Caffè Gambrinus
Un caffè simbolo di Napoli, tra piazza del Plebiscito e Palazzo Reale, da centocinquanta anni .Tra i suo clienti Oscar Wilde, Hemingway, Freud, e Benedetto Croce. Fu fatto chiudere da Mussolini negli anni Trenta in quanto ritrovo di antifascisti.


Castel Nuovo o Maschio Angioino

Questo castello medioevale è uno degli edifici simbolo di Napoli.
La leggenda del coccodrillo
La leggenda della fossa del coccodrillo di Castelnuovo? Era in quel castello una fossa sottoposta al livello del mare, oscura, umida, nella quale si usava cacciare i prigionieri che si voleva più rigidamente castigare: quando ad un tratto si cominciò a notare con stupore che, di là, i prigionieri sparivano. Fuggivano? Come mai? Disposta una più stretta vigilanza allorché vi fu cacciato dentro un nuovo ospite, un giorno si vide, un inatteso e terrifico spettacolo, da un buco celato dalla fossa introdursi dal mare un mostro, un coccodrillo, che con le fauci afferrava per le gambe il prigioniero e lo trascinava in mare per trangugiarlo. Da allora, quel coccodrillo, che si suppose venuto dall’Egitto, accanto ai fianchi di qualche bastimento, servì come esecutore e strumento di giustizia; nella sua fossa furono calati i prigionieri che si intendeva mandare a morte e che il coccodrillo regolarmente ingoiava. Finché, essendo stabilito di disfarsi del pericoloso visitatore… il coccodrillo venne ammazzato, e il corpo impagliato sospeso per ricordo sopra le porte del Castelnuovo… Della “fossa del coccodrillo” si parlò sempre, sebbene nessuno potesse indicare quale precisamente fosse… Nei ultimi rifacimenti del castello, il coccodrillo impagliato venne rimosso e conservato o gettato chi sa dove. Questa leggenda riproduce un motivo largamente diffuso nella novellistica popolare di tutti i paesi, dei prigionieri divorati o dati a divorare a un coccodrillo…. localizzato ed adattato al Castelnuovo di Napoli., che divorò nelle sue segrete i baroni ribelli a re Ferrante.
Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane
Piazza del Gesu’ Nuovo
In questa piazza, nel cuore del centro storico si incontrano leggenda e superstizione.
La guglia dell’Immacolata

Splendido esempio di scultura barocca napoletana, su questa statua si narra una leggenda, si dice che si osservi attentamente la Madonna di spalle, dopo qualche giro intorno alla guglia, dal velo, che avvolge la testa di Maria, compaia un volto inquietante e minaccioso che rappresenti la morte.
La leggenda della Chiesa del Gesù Nuovo

La chiesa del Gesù’ sorge sul vecchio e sfortunato Palazzo Sanseverino. L’aspetto più evidente e inusuale è la facciata a bugne, ossia pietre triangolari verso l’esterno.
Da queste particolari pietre nasce la leggenda che rende famosa questa chiesa, si ritiene che gli operai avessero inciso dei segni sulle pietre per facilitare il montaggio, tali segni avrebbero anche la capacità di attirare energie positive e allontanare le negative. Tuttavia non sarebbero state posizionate correttamente, tanto da ottenere l’effetto opposto: attirare ogni genere di disgrazia.

Palazzo Pandola

Reso celebre dalla scena finale di Matrimonio all’italiana, splendido film di Vittorio De Sica, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Il film tratto dalla commedia teatrale di Eduardo De Filippo, Filumena Marturano , racconta una storia d’amore molto particolare tra due personaggi napoletani molto distanti tra loro per cultura e ceto sociale, ma legati da un’unione di lunga e particolare natura. Filumena è una prostituta semianalfabeta e Domenico Soriano un ricco rampollo napoletano, si conoscono in un casino e il loro legame diventerà duraturo, seppur con dolori, tradimenti e bugie.
San Biagio dei Librai

San Biagio dei Librai è la parte centrale della nota Spaccanapoli, l’arteria che divide in due il centro antico della città, collegando i decumani. E’ una strada antichissima, il suo nome le viene dalla sede della corporazione di librai.
Atualmente ci sono ancora le bancarelle di libri si seconda mano, ma le numerose librerie hanno tristemente lasciato il posto a negozi per turisti.


Port’Alba

Imperdibile per gli appassionati di libri usati, questa via, che si prolunga con le bancarelle sino a Piazza Dante è gremita di librerie e banchi esterni. Con un po’ di pazienza sa regalare piccole gioie
Solo chi ama i libri conosce la sensazione che si prova durante la ricerca di un libro in particolare in un posto in particolare. Acquistare un libro in un dato luogo lo rende un libro diverso, e ogni volta che lo si avrà tra le mani riporta in quel posto. Come se le parole potessero cambiare e adeguarsi al luogo dal quale il libro viene.
Consigli di lettura
Napoli ’44 di Norman Lewis l’autore giunge a Napoli, con lo sbarco di Salerno il 9 settembre del 1943, il libro è un diario in forma privata di quanto succede al giovane ufficiale, ma anche una cronaca precisa non solo di fatti, ma della storia di quel ‘pezzo’ di guerra a Napoli e della straordinaria capacità di sopravvivere dei napoletani.
Il mare non bagna Napoli di AnnaMaria Ortense Un ritratto duro e difficile della propria città, costato molte critiche alla Ortense. In ogni racconto ci sono la miseria e la disperazione di una città povera del dopoguerra.
L’oro di Napoli di Giuseppe Marotta l’autore racconta la sua infanzia e giovinezza a Napoli, senza tralasciare gli aspetti più umili, come la vita nei bassi, ma mentre scrive la propria autobiografia disegna anche un grande ritratto della città attraverso i suoi abitanti. Da questo libro Vittorio De Sica ha tratto l’omonimo film.
Storie e leggende napoletane di Benedetto Croce l’amore per la sua città d’adozione traspare in questo libro che raccoglie non solo leggende su Napoli, ma anche una storia meno conosciuta, seppur avvincente dei fatti della città .
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