Il Memoriale della Shoah di Milano

Ricorda che questo è stato.

Il Memoriale della Shoah di Milano in Piazza Edmond Safra, è un luogo unico in tutta Europa in quanto è rimasto congelato nel tempo: gli spazi sono rimasti pressoché invariati dal 1943 ad oggi. 

Il Memoriale della Shoah di Milano è stato inaugurato il 27 gennaio 2013, il Giorno della Memoria. La riqualificazione completa di questo sito, utilizzato fino agli anni Novanta come deposito postale della Stazione Centrale, ha preservato un pezzo di storia drammatica di Milano e dell’Italia intera, tenuto nascosto durante il periodo delle deportazioni e ora trasformato in luogo di memoria. 

La storia del Memoriale della Shoah di Milano

Memoriale della Shoah Milano

Per comprendere l’importanza di questo luogo è necessario ritornare al 1931, in pieno fascismo, anno in cui fu inaugurata la nuova Stazione Centrale di Milano, un’opera imponente, la Stazione ferroviaria più grande d’Italia, con ventuno binari. 

La stazione era ed è sopra elevata, al di sotto di essa si trovavano i sotterranei o meglio l’area di manovra dedicata al carico e scarico delle merci e della posta, collegata al livello dei binari con un ascensore che elevava il carrello postale.

Tra il 1943 e il 1945 la Stazione centrale fu requisita dei nazisti e si trasformò in uno dei luoghi di partenza verso i campi di sterminio.

Le leggi razziali in Italia

Tutto iniziò nell’agosto 1938 con il censimento che constatava la presenza si quarantacinquemila cittadini italiani di religione ebraica e novemila ebrei di altre nazionalità. In questo modo lo stato italiano acquisì informazioni sugli ebrei in Italia. Nel novembre dello stesso anno furono emanate le Leggi per la difesa della razza. I cittadini italiani, questo va ripetuto, i cittadini italiani di fede ebraica furono colpiti duramente e isolati dal resto della popolazione: 

.. gli individui di"razza ebraica" furono espulsi dall'esercito, dalla pubblica amministrazione, dalle università, dalle assicurazioni e dalle banche, fu vietato loro di esercitare moltissime attività commerciali, di possedere immobili o aziende oltre un certo valore, di sposarsi con "ariani", di prestare servizio nelle loro case o semplicemente di possedere un apparecchio radiofonico.

Tutto questo fu reso possibile  da una propaganda ramificata e persuasiva che fece accettare le persecuzioni senza che nessuna voce autorevole si opponesse. Dopo cinque anni con la Repubblica Sociale Italiana nel 1943 gli ebrei furono dichiarati stranieri e quindi nemici.

Nel novembre 1943 la Gestapo arrivò in Italia; a Milano trasformò l’Hotel Regina nel suo quartier generale e da lì iniziarono le persecuzioni e le deportazioni: circa trentamila italiani, tra disertori e appartenenti alla Resistenza, furono mandati nei campi di concentramento. Molti di loro partirono dalla Stazione Centrale di Milano. 

Destino peggiore toccò gli ebrei: i nazisti, con le informazioni del censimento, diedero inizio alla loro caccia per deportarli  nei campi di sterminio. Pochi fortunati  riuscirono a fuggire, altri trovarono rifugio nella vicina e neutrale Svizzera, ma la maggior parte di loro rimase in Italia. Furono tutti arrestati e deportati. 

Dalla Stazione Centrale  dal 6 dicembre 1943 fino al 15 gennaio 1945 partirono venti convogli RSHA: dodici di ebrei, cinque di detenuti politici e tre di misti. Gli ebrei erano mandati a morire nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. 

Liliana Segre

Liliana Segre al memoriale della Shoah
Credit Memoriale della Shoah

Se il Memoriale della Shoah di Milano esiste lo si deve in larga misura alla Senatrice a vita Liliana Segre, nata a Milano nel 1930 da famiglia ebrea laica e benestante, composta da suo padre, lo zio con la moglie e i nonni paterni, Liliana aveva perso la mamma quando aveva pochi mesi.

Con le leggi razziali la loro vita cambiò per sempre.  Nel 1943 la situazione era ormai disperata, Liliana e suo padre tentarono la fuga nella vicina Svizzera, ma furono respinti e consegnati alle autorità italiane, da qui iniziò la loro tragedia: prima in carcere a Varese, poi  nel carcere di San Vittore a Milano e infine la deportazione verso Auschwitz-Birkenau partendo appunto dalla Stazione centrale di Milano. 

Con un atroce  viaggio durato sei giorni Liliana e suo padre Alberto raggiunsero Auschwitz e una volta arrivati furono separati per sempre. 

Liliana, una ragazzina di tredici anni, sopravvive al lager e alla marcia della morte e torna a Milano orfana e sola. 

Ci vorranno decenni prima che Liliana Segre inizi il suo straordinario lavoro di testimonianza.

Mi dicevo: "C'è un mondo che parla di queste cose che io ho visto con i miei occhi, e io non ho il coraggio di dire la mia? Ma io sono una testimone, ho una responsabilità diretta nel tramandare la mia storia". Ero sicura che avrei potuto fare qualcosa, però non sapevo come. Mi ci vollero anni per trovare il coraggio di parlare in pubblico.

Per comprendere appieno la sua storia consiglio la lettura del testo   La memoria rende liberi. Liliana Segre, Enrico Mentana

Il muro dell'Indifferenza

Il muro dell'indifferenza Memoriale della Shoah Milano

Il muro dell’Indifferenza nell’atrio del Memoriale accoglie i visitatori. E’ stato fortemente voluto da Liliana Segre. 

Indifferenza.
Tutto comincia da quella parola. Gli orrori di ieri, di oggi e di domani fioriscono all'ombra di quella parola. Per questo ho voluto che fosse scritta nell'atrio del Memoriale della Shoah di Milano, quel binario 21 della Stazione Centrale da cui partirono tanti treni diretti ai campi di sterminio, incluso il mio. La chiave per comprendere le ragioni del male è racchiusa in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c'è limite all'orrore.

L'Osservatorio

La passerella che immette all’osservatorio è contornata da una massicciata di pietre quella classica ferroviaria, che rimanda al luogo e al viaggio dei treni verso i lager, ma anche all’usanza ebraica di posare una pietra sulle tombe.   

Osservatorio Memoriale della Shoah Milano

Nell’Osservatorio vengono proiettati filmati d’epoca dell’Istituto Luce che mostrano come la Stazione Centrale fosse in relazione con questo luogo.

Le stanze delle Testimonianze

Stanza delle testimonianze Memoriale della Shoah Milano

Le stanze delle Testimonianze sono installazioni a forma di cubo, sembrano tutte uguali tra loro viste da lontano, ma una volta che ci si avvicina ci sono delle differenze proprio come per le vittime della Shoah.

Senza approfondire la loro conoscenza sono solo un’enorme macchia nera, ma entrando in contatto, entrando in ogni cubo si possono sentire le loro testimonianze, la loro storia, le persone emergono dall’oscurità. 

La banchina delle deportazioni

La banchina delle deportazioni Memoriale della Shoah Milano

La mattina del 30 gennaio 1944 una lunga colonna silenziosa e dolente sfilò per i corridoi del carcere diretta al cortile… Ci caricarono su un camion a calci e botte. Attraversammo la città deserta e all'incrocio di via Carducci scorsi la mia casa, al 55 di corso Magenta... Arrivati alla Stazione Centrale, i camion si infilarono nel sottopassaggio di via Ferrante Aporti. Era buio pesto e i nostri carcerieri ci puntarono addosso fari accecanti. Ero aggrappata a mio papà e lui a me. Se non ci fossi stata io, credo si sarebbe avventato su una delle guardie per farsi sparare....
Ma il colpo più duro fu quando capimmo che i più zelanti fra i nostri aguzzini non erano i nazisti. Erano gli italiani.....
Ci scaricarono davanti ai binari di manovra che ancora oggi sono nel ventre dell'edificio. Il passaggio fu rapidissimo. SS e repubblichini, a calci, pugni e bastonate ci caricarono sui vagoni bestiame.

La banchina delle deportazioni Memoriale della Shoah Milano

La banchina delle deportazioni è un luogo agghiacciante, qui, lungo i binari, si trovano i carri bestiame originali usati come tradotte. In ogni carro bestiame venivano stipate sessanta, ottanta persone in condizioni disumane.

Ora ci ritrovammo nel buio del vagone, con un po' di paglia per terra e un secchio per i nostri bisogni... Eravamo in sessanta pressati dentro a quella scatola chiusa, fetida, fredda: puzza di urina, visi grigi, gambe anchilosate. I pianti si acquietavano in una disperazione assoluta.

carro bestiame deportazioni

Quando un vagone era pieno, veniva sprangato e portato con un elevatore alla banchina di partenza.

Carrello traslatore Memoriale della Shoah Milano
Il cartello nel vano monta-vagone, è chiaro:VIETATO TRASPORTO PERSONE

I carri stipati di prigionieri e piombati dall’esterno erano quindi spostati su un carrello traslatore, che si muoveva lungo un enorme galleria. Veniva poi bloccato in corrispondenza di un ascensore monta vagoni e sollevato dal ventre della stazione fino a raggiungere un binario di manovra all’aria aperta, situato fra i binari 18 e 19. Completato il convoglio, il treno della morte partiva, lontano da occhi indiscreti, verso l’inferno di Auschwitz-Birkenau.

Lapidi dei convogli e il Muro dei Nomi

Lapidi dei convogli Memoriale della Shoah Milano

Nel pavimento, lungo la seconda banchina, sono posizionate le lapidi dei convogli che da qui partirono. 

Il Muro dei Nomi ospita i 774 nomi dei deportati partiti per Auschwitz il 6 dicembre 1943 e il 30 gennaio 1944. 

27 di loro sono sopravvissuti, tra loro Liliana Segre.

Il Muro dei Nomi si trova alla fine del percorso di visita del memoriale e si contrappone al muro dell’indifferenza dell’ingresso. 

Il Muro dei Nomi Memoriale della Shoah Milano

Il Luogo di Riflessione

Il Luogo di Riflessione Memoriale della Shoah Milano

Il Luogo di Riflessione, una struttura circolare a cui si accede scendendo attraverso una rampa, creato per riflettere appunto, pensare, isolarsi in un momento di laico raccoglimento. Nel pavimento è posata una barra di ottone orientata verso Gerusalemme.

Visitare il Memoriale della Shoah di Milano crea un senso di angoscia, di spaesamento e straniamento: il buio, l’atmosfera cupa e pesante che, a distanza di oltre settant’anni, permane, lo sferragliare costante dei treni, il silenzio oggi, all’epoca le grida, gli ordini urlati in tedesco contro persone inermi, il latrare dei pastori tedeschi, tutto questo nascosto agli occhi dei milanesi. 

Ma sono l’angoscia, le emozioni scomode e il dolore a rendere imprescindibile la visita, oggi più che mai, è un dovere non voltarsi dall’altra parte, non essere indifferenti. 

A pensarci bene, è più semplice trovare ragioni per tacere piuttosto che per parlare.
... Troppe volte, il nome di una bella finzione, si è banalizzato l'Olocausto. Il sopravvissuto è diventato un cliché… La Shoah è stata ridotta a un argomento di moda, e questo è orribile.
A distanza di anni chiunque può dire qualunque cosa, poiché in tanti casi non è più possibile compiere delle verifiche, ma resta il fatto che si tratta in quasi tutti i casi di colossali menzogne.

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