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Atterro a Vientiane. Un aeroporto, uno dei tanti, non si ricordano quasi mai. Vientiane lo ricordo. Ricordo l’immigrazione. Cinque funzionari sopra uno scranno con indosso dei cappelli enormi stile Unione Sovietica. Dal vivo non li avevo mai visti.Ti guardano dall’alto in basso; letteralmente, perché mentre attendo il mio visto d’ingresso nel Paese del milione di elefanti, sono talmente in basso rispetto a loro che mi sento in soggezione. Si passano il passaporto di mano in mano, uno lo controlla, l’altro mette un timbro, un altro prende i cinquanta dollari per il visto. L’ultimo ti consegna visto e passaporto. Sono in Laos, con una strana sensazione addosso.
Il Laos è rimasto l’unico paese del Sud est asiatico, con il Vietnam, ad avere un partito unico. Il Partito Rivoluzionario del Popolo Lao. La mancanza di libertà di espressione non si nota visitando una città per la prima volta, ma si avverte dalle persone che incontri, da piccoli gesti, da atteggiamenti che, spesso, passano inosservati.
La storia del Laos, non è famosa come quella del suo vicino Vietanm. Ma questo piccolo paese ha un passato recente altrettanto drammatico. La sua sfortuna viene dal trovarsi fisicamente in mezzo ad una guerra.
La guerra segreta in Laos
Durante la guerra del Vietnam, il sentiero di Ho Chi Minh collega Hanoi a Saigon portando rifornimenti ai vietcong, attraversa il Laos. Gli Usa dal 1964 al 1975 per cercare di bloccare i rifornimenti danno inizio ad una campagna di bombardamenti terrificante. Vengono sganciate sul Laos 270 milioni di bombe a grappolo. Questa missione rimane segreta per molti anni, almeno fino alla fine del conflitto. Il Laos da paese neutrale si ritrova in guerra, con conseguenze atroci. Soprattutto dopo la fine delle ostilità. Una guerra, non finisce con un trattato di pace. Il paese del milione di elefanti paga ancora oggi le conseguenze della guerra segreta. E’ il paese con più bombe procapite nella storia del mondo. Sul Laos gli americani hanno lanciato più bombe che su l’intera Europa durante il secondo conflitto mondiale.
Gli ordigni inesplosi
Un terzo delle bombe sganciate è inesploso. La cifra approssimativa è di 80 milioni. Le bombe a grappolo, lanciate dai B52 americani, hanno un’enorme potenza distruttiva. In ogni bomba madre sono contenute 500/600 bombe a grappolo. Le vittime di questi ordigni perdono la vita e i più fortunati restano mutilati, perdendo gli arti. Dopo la fine della guerra circa 20.000 persone sono state vittime degli ordigni, la maggior parte di loro non era nemmeno nata durante il conflitto. Inoltre negli ultimi anni, cioè ai giorni nostri, si stima che il 40% delle vittime siano bambini. Le bombe hanno la forma di una pallina da tennis e i bambini ne sono attratti. La guerra segreta in Laos uccide ancora oggi.
UXO Laos e il COPE Visitor Centre
Ci sono molte associazioni che si impegnano nello sminamento, in particolare la UXO Laos, che quotidianamente mette sul campo uomini e donne che cercano gli ordigni con i metal detector e fanno brillare ogni singola bomba. A questo si aggiunge la formazione nelle scuole e nei villaggi rurali per informare adulti e bambini sulla pericolosità di avvicinarsi a quella che solo in apparenza è una pallina.
Per maggiori informazioni
https://www.la.undp.org/content/lao_pdr/en/home/crisis-response.html

A Luang Prabang è possibile visitare il centro UXO Laos e a Vientiane invece il COPE Visitor Centre, la cooperativa ortoprotesica che realizza gli arti artificiali. Purtroppo la maggior parte dei mutilati vive in villaggi sperduti e le protesi sono realizzate con pezzi di legno, vista l’impossibilità economica di acquistare una protesi vera, che potrebbe migliorare nettamente la qualità di vita di vittime innocenti. Visitare questi luoghi, facendo una donazione significa portare un aiuto concreto a persone in un grave stato di indigenza. http://copelaos.org

L'esercito segreto: gli Humong
Gli Stati Uniti non si limitano a sganciare bombe, fanno molto più: creano un esercito segreto. Agenti dalle CIA, a partire dal 1953, prendono contatto con la minoranza Humong, che vive nella Piana delle Giare. Li convincono che il Vietnam voglia invadere il Laos e ne fanno dei guerriglieri, che si trasferiscono nelle zone montuose del paese per combattere i vietcong. Durante tutti gli anni della guerra del Vietnam l’esercito segreto humong combatte i vietnamiti, finanziato dagli Usa. L’esercito segreto viene smantellato nel 1973, le stime approssimative parlano di 12.000 morti e 30.000 feriti tra gli humong. Alla fine della guerra molto di loro si trasferiscono in America perché perseguitati dal nuovo governo comunista.
Chi sono gli humong? Si tratta di un'altra tragedia dei nostri tempi, se volete di un altro disastro umanitario, No, non si sa niente degli humong, eppure questo popolo sta pagando un prezzo tremendo. Negli anni Sessanta la Cia cominciò ad assoldarli per combattere i comunisti e la cosa non gli è stata affatto perdonata.... Gli humong nascosti nella foresta laotiana non sono più i combattenti di ieri, sono per la maggior parte donne e bambini o appartenenti alla terza generazione che non hanno mai partecipato alle vicende trascorse. Per non essere scoperti vivono nascosti da oltre trent'anni. Non possono coltivare né accendere fuochi. Si nutrono esclusivamente di piante e radici. Mancano di tutto, dal cibo ai medicinali.
Tito Barbini, I giorni del riso e della pioggia
I Pathet Lao
Nell’aprile 1975 Vietnam e Cambogia diventano paesi comunisti. Nell’agosto dello stesso anno i Pathet Lao (Terra dei Lao) conquistano pacificamente la capitale Vientiane. Il Partito Rivoluzionario del Popolo Lao, di orientamento comunista governa il Paese. La rivoluzione passa attraverso la rieducazione. Ossia i campi di detenzione e di lavoro forzato. Anche questa è una storia poco conosciuta in Occidente.
I campi di rieducazione: una testimonianza
La giovane prigioniera. Diario di una vittima del Laos comunista di Souvannavong V. questo libro autobiografico racconta la vita della quindicenne Souvannavong, militante del partito Unione Nazionale Lao, oppositore del partito comunista, che finisce nei campi di rieducazione per tre anni. La sua unica colpa è quella di lavorare come volontaria al tesseramento del partito che crede nei principi umanisti e buddhisti per il Laos. Nei campi di prigionia Souvannavong conosce la fame, la paura e il dolore, vede morire amici e parenti, ma soprattutto capisce che la dottrina di uguaglianza tanto millantata del partito è solo prevaricazione e odio. I seminari, così vengono chiamati i campi e, per estensione del termine, anche i prigionieri, si basano sul lavoro forzato e su lunghe ed estenuanti sedute di autocritica in cui è necessario confessare i propri crimini. Non importa se inventanti, quello che conta è ammettere la colpa verso il partito.
Tra le tante atrocità commesse anche il Buddhismo viene considerato antirivoluzionario.
I bonzi, che non erano fuggiti, erano obbligati a rinunciare a voti sacri oppure a continuare la loro esistenza religiosa a patto di adempiere alle funzioni che il partito imponeva loro, fatto assolutamente inconciliabile con il precetto cardine della religione buddhista del distacco dalla sfera materiale.
Souvannavong V., La giovane prigioniera. Diario di una vittima del Laos comunista
Il Mekong, l'unica via di fuga

L’11 novembre 1978, Souvannavong è considerata rieducata e rimessa in libertà, sotto stretto controllo della polizia, a Vientiane, la sua città natale. Non troverà nulla di quello che conosceva prima dell’arresto. Così decide eroicamente e, con grande sofferenza, di tentare la fuga, verso la Thailandia, attraversando nuoto il Mekong, che segna il confine tra le due nazioni. Il 20 marzo 1979 i progetti di fuga diventano reali:
Dovevamo vincere la corrente per oltre cinquecento metri ed evitare gli ostacoli galleggianti. Bisognava nuotare sott'acqua il più a lungo possibile e riaffiorare in superficie facendo molta attenzione... Stranamente, non sono in grado di stabilire con certezza quanto tempo impiegammo a raggiungere la riva thai.
Souvannavong V., La giovane prigioniera. Diario di una vittima del Laos comunista
Ho camminato sulla riva del Mekong durante il mio viaggio a Vientiane, un fiume placido e bruno durante la stagione secca, un luogo tranquillo e pacifico, ma è impossibile non pensare a quanti laotiani hanno perso la vita nelle sue acque fuggendo da una dittatura che li ha privati della libertà e del Buddhismo.
La storia si ripete sempre..
Questi drammi sono innumerevoli, ma gli anni passano e la gente non si commuove più. Ma chi in mezzo a tutte queste disgrazie, ha sentito parlare dell'esilio dei laotiani? Chi potrà mai raccontare quanti cadaveri il Mekong ha trasportato tra Paklay e Khong? Le statistiche internazionali mostrano come più di un laotiano su sette sia fuggito dal suo paese a partire dal 1975. Per la stragrande maggioranza di essi, la traversata del Mekong era il passaggio obbligato. Quanti sono riusciti a raggiungere la sponda thailandese?
Souvannavong V., La giovane prigioniera. Diario di una vittima del Laos comunista
Essere a Vientiane e pensare a questa tragica storia di emigrazione e fuga mi è sembrato doveroso verso le migliaia di persone che non ce l’hanno fatta. Non si può cambiare il passato, non è possibile capire, almeno per quanto mi riguarda, perché l’uomo sia così cattivo con il suo prossimo, ma posso invece raccontare cosa si prova ad essere sulla riva del Mekong e ricordare quello che qui è accaduto, non centinaia di anni fa, ma poco più di quaranta. Il coraggio e la paura di lasciare tutto, la consapevolezza di non poter restare, ma anche l’attesa per quello che verrà. Come è difficile per me occidentale, con una vita sicura, che mi sta comunque stretta, cercare di capire cosa possono aver provato i laotiani in quegli attimi, prima di tuffarsi e lasciarsi alle spalle la propria terra.
Consigli di lettura
I giorni del riso e della pioggia dal delta del Mekong alle sorgenti del Tibet di Tito Barbini L’autore racconta un viaggio epico, spirituale, non solo fisico, lo si evince già dal titolo poetico, dal delta del Mekong alle sue sorgenti.
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