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Budapest tra due dittature è un percorso nelle strade e nella storia di Budapest.
Ci sono città in cui è possibile attraversare gli eventi del Novecento, Budapest è una di queste. Edifici di stili diversi si susseguono in città recando i segni dei conquistatori del passato.La capitale dell’Ungheria ha avuto un destino tragico: la doppia occupazione prima nazista e poi comunista.
Le Croci Frecciate e il Nazismo
L’Ungheria, negli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, era governata dalle Croci Frecciate di Szálasi, un partito filonazista e antisemita, esplicitamente appoggiato dai nazisti. Sebbene le Croci Frecciate rimasero al potere dall’ottobre 1944 al gennaio 1945 si macchiarono di gravissimi crimini contro l’umanità, in primo luogo la deportazione in massa degli ebrei del ghetto di Budapest, istituito nel quartiere ebraico nel novembre ’44 per concentrarvi gli ebrei della città.

Al 15 di Kiraly Ucta è ancora possibile vedere una porzione del muro del ghetto originale.
Il ghetto era abitato da 100.000 persone, circondato da filo spinato e completamente isolato dalla città, non era permesso introdurre cibo, i rifiuti non venivano raccolti, la fame il freddo e le malattie uccisero migliaia di ebrei.
Le Croci Frecciate collaboravano attivamente con i tedeschi che avevano invaso l’Ungheria.
Un territorio che dall'inizio dell'occupazione tedesca aveva cessato di essere una patria per diventare un terreno di caccia in cui si affrontano persecutori e perseguitati.
Sandor Marai, Liberazione
Scarpe sulla riva del Danubio
Durante quei mesi terribili non solo gli ebrei furono deportati, ma alcuni di loro, prelevati dal Ghetto, furono portati lungo le banchine del Danubio, in prossimità del Ponte delle Catene, costretti a togliersi le scarpe, che venivano rivendute al mercato nero.
Quindi legati a coppie e giustiziati dalle croci frecciate. I miliziani sparavano solo a uno dei due per risparmiare i proiettili, così la persona colpita cadeva nelle gelide acque del Danubio, trascinando il suo compagno.

Il 16 aprile 2005, in occasione della giornata della memoria della Shoah ungherese, è stata inaugurata l’opera Scarpe sulla riva del Danubio. Realizzata dal regista Can Togay, con lo scultore Gyula Pauer. Un gruppo scultoreo orizzontale in ferro, composto da sessanta paia di scarpe da donna, uomo e bambino, tipiche degli anni Quaranta, abbandonate come appena tolte.
In tre punti distinti si trovano targhe commemorative in lingua ebraica, ungherese ed inglese.
Memoriale occupazione tedesca

In piazza Szabadság Ter (Piazza della Libertà) si trova invece il memoriale “L’occupazione tedesca dell’Ungheria, 19 marzo 1944”. L’arcangelo Gabriele rappresenta il paese e, sopra di lui, l’aquila tedesca che lo attacca. L’opera è stata realizzata dal governo di destra nazionalista guidato da Viktor Orbán, con il chiaro intento di negare la responsabilità ungherese della Shoah.
Per tale motivo, il monumento del 2014, collocato in segreto e senza nessuna inaugurazione, ha suscitato forti polemiche ed una protesta civile, come si evince dai panelli collocati sotto il gruppo scultoreo.
“La scritta in cima al monumento che definisce le vittime dell’occupazione tedesca non corrisponde al vero, in quanto nega la collaborazione ungherese. Il monumento è il tentativo dell’attuale governo di falsificare la storia e di minimizzare il ruolo dell’Ungheria nell’Olocausto. La protesta dei cittadini contro la falsificazione della storia iniziata nel gennaio 2014 ed è tuttora in corso“.
La grande Sinagoga

La grande Sinagoga di Budapest (1859), con i suoi tremila posti, è il più grande luogo di culto ebraico in Europa e il secondo al mondo. Durante la Seconda Guerra Mondiale la Sinagoga si trovava nel perimetro del Ghetto Giudeo.
Le due torri, alte quarantaquattro metri in stile moresco, sovrastano il quartiere ebraico. La Sinagoga, appartiene all’ebraismo neologista.
...quel mondo misterioso fu di colpo sconvolto nel 1944, il giorno in cui dovetti entrare nel tempio per la prima volta senza la presenza rassicurante dei genitori.… I complessi discorsi degli adulti miravano a spiegarci che là saremmo stati al sicuro, perché il re di Svezia in persona aveva comprato quella casa munendola di una protezione speciale, per cui ai tedeschi era vietato varcarne la soglia in ogni caso, e anche alle frecce uncinate e a chiunque volesse fare male a noi, bambini ebrei.
G. e N. Pressburger, Storie dal ghetto di Budapest
Due sono i luoghi deputati alla memoria dell’Olocausto: il cortile, con ampi portici che, dopo la liberazione del Ghetto, il 18 gennaio 1945, fu trasformato in un cimitero per i tremila corpi trovati.
Il Parco della Commemorazione di Raoul Wallenberg, il console svedese che salvò dalla deportazione oltre trentacinquemila ebrei e L’albero della Memoria di Emmanuele, ideato dall’attore di origine ebraica Tony Curtis e realizzato dallo scultore ungherese Imre Varga. Un salice piangente in acciaio sulle cui foglie sono impressi i nomi delle vittime della Shoah, molte foglie sono volutamente senza incisioni per ricordare tutti gli ebrei che hanno perso la vita.
Il memoriale dell'Olocausto

Il memoriale dell’Olocausto si trova volutamente fuori dal quartiere ebraico, per sottolineare il carattere nazionale e non confessionale della Shoah.
Il percorso di visita inizia con una mostra permanente “Dalla privazione dei diritti al genocidio” per onorare la memoria dei cinquecentomila ebrei ungheresi uccisi dai nazisti. Un percorso estremamente doloroso, ricco di dettagli e racconti in prima persona dei sopravvissuti.
La struttura architettonica progettata da Mányi e Gáti, è volutamente asimmetrica con una serie di scale e passaggi per simboleggiare “il tempo distorto e contorto dell’Olocausto“; si presta all’immersione totale nella narrazione che si conclude nella Sinagoga Páva. Originaria degli anni Venti, completamente ristrutturata secondo i disegni originali, in cui sono presenti banchi in cristallo per ricordare coloro che non sono mai tornati.
Giusto tra le Nazioni
Giorgio Perlasca
Giorgio Perlasca è un eroe italiano. La sua storia inizia a Budapest dove si trova come incaricato d’affari, con lo status di diplomatico nei paesi dell’Est, a comprare carne per l’Esercito italiano. Le croci frecciate iniziano le persecuzioni contro gli ebrei e anche contro i diplomatici stranieri. Perlasca, che aveva combattuto al fianco del generale Franco, chiede aiuto all’ambasciata spagnola. Non solo gli viene riconosciuta la cittadinanza spagnola, ma per una serie di eventi si sostituisce al console spagnolo in fuga. Inizia così il suo atto di estremo coraggio per salvare gli ebrei che trovano rifugio nelle case protette dell’ambasciata spagnola.
Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Vedevo delle persone che venivano uccise e, semplicemente, non potevo sopportarlo. Ho avuto la possibilità di fare, e ho fatto. Tutti, al mio posto, si sarebbero comportati come me.
Giorgio Perlasca

Giorgio Perlasca, grazie alle sue doti eccezionali e al suo coraggio, utilizza la legge Rivera per salvare gli ebrei dai rastrellamenti delle croci frecciate, si reca alla stazione di partenza dei treni per i campi di concentramento, con Raoul Wallenberg, il console svedese, e salva i suoi protetti da morte certa. Alla fine della guerra 5218 ebrei ungheresi gli devono la vita.
Perlasca si limita a tornare in Italia, dove per anni non racconta il suo gesto. Saranno alcune giovane ebree, all’epoca bambine, a raccontare al mondo la sua storia https://www.giorgioperlasca.it
Da quel momento le onorificenze saranno moltissime, tra cui titolo di “Giusto fra le Nazioni” assegnato da Israele ai non ebrei che rischiarono le loro vite per salvare gli ebrei durante la Shoah agendo disinteressatamente.

La dittatura comunista
L’armata rossa liberò Budapest il 13 febbraio 1945. La città e l’intera Ungheria passarono così dal nazismo al comunismo, dimenticate dall’Europa. L‘Ungheria era ed è una piccola nazione fortemente europea per lingua, tradizione, cultura e religione, molto distante dalla Russia.
Nessuno si fa più illusioni sui regimi dei paesi satelliti. Ma dimentichiamo l'essenza della loro tragedia: sono scomparsi dalla carta dell'Occidente.
Milan Kundera, Un occidente prigioniero
Si instaurò uno dei peggiori regimi dittatoriali repressivi di stampo comunista, basato sul terrore, la delazione, il carcere, la tortura, l’esproprio dei beni e la caccia al nemico dello stato.
Come avevano fatto i nazisti nei campi di concentramento, dove le vittime, ridotte a livelli subumani, non solo venivano uccise soffocate dal lavoro ma, attraverso umiliazioni e torture, avrebbero dovuto perdere il senso della coscienza e della dignità umana. I comunisti volevano qualcosa di più e di diverso: esigevano che la vittima restasse viva e che celebrasse il sistema che annientava in lei la coscienza umana e la stima di sé.
Sandor Marai, Terra, Terra!...
Memento Park

Nelle piazze di Budapest comparvero ovunque statue inneggianti al comunismo e alla liberazione, che si possono vedere ancora oggi al Memento Park.
Un luogo unico nel suo genere in cui sono conservate le mastodontiche vestigia dell’era comunista, che nel resto d’Europa sono state distrutte alla caduta del regime.
Un periodo storico superato da appena trent’anni.
La casa del Terrore
Come ad Auschwitz...come a Budapest in via Andrássy 60..... La tendenza dell'uomo alla crudeltà non è cambiata nel corso delle varie epoche della cultura: non esistono differenze qualitative tra crudeltà "asiatica", "antica", "moderna", "europea"…
Sandor Marai, Terra, Terra!...

La casa del terrore è uno dei musei più impegnativi di Budapest. Al 60 di Andrássy Ut. si trova un palazzo neoriscimentale divenuto la sede delle croci frecciate; nell’inverno 1944 fu trasformato in luogo di detenzione e tortura. I russi occuparono il palazzo che divenne prima la sede della polizia segreta e poi della AHV l’autorità per la protezione dello stato. Nel giro di poco l’AHV occupò l’intero isolato, abbattendo i muri che separavano le cantine creando una prigione-labirinto sotterranea, in cui si perpetrarono atroci crimini contro l’umanità fino al 1956. Solo dal 2002 la casa del terrore è divenuta museo e luogo di memoria.
La visita illustra il dramma della doppia occupazione: la dittatura nazista e comunista, con cimeli, divise e ricostruzioni degli ambienti dell’epoca, sugli schermi scorrono le testimonianze dei pochi sopravvissuti.
La cantina, a cui si accede attraverso un ascensore che scende molto lentamente verso l’orrore, è un luogo angosciante. Qui avvenivano gli interrogatori in stile sovietico; di notte, con la privazione del sonno, del cibo ed ogni tipo di tortura. Il motto della polizia politica era:”Non solo custodire, ma odiare!“. Tutti i prigionerei confessavano. Pochissimi sopravvivessero.
Dopo la rivoluzione del 1956 le cantine furono murate nel tentativo dei comunisti di cancellare i loro crimini. Una volta creato il museo le celle sono state ricostruite, secondo gli schemi originali.
La visita si conclude con il muro dei criminali dove sono esposte le foto degli aguzzini dei due regimi.
La Casa del Terrore meriterebbe un intero articolo tanto sono vaste e significative le tematiche trattate. Visitare questo museo non è facile, suscita sentimenti e pensieri con cui è necessario fare i conti. E’ doloroso a livello umano, ma imprescindibile: gli uomini tendono a dimenticare e la storia molto spesso è circolare.
Durante la visita è vietato scattare fotografie e i solerti vigilanti controllano i visitatori. Ho ricevuto spiegazioni poco convincenti sulla reale motivazione. Personalmente la ritengono una scelta anacronistica. Viviamo in un’epoca dominata dalle immagini e, grazie alla loro diffusione sui social media, si può suscitare interesse e desiderio di conoscenza.
La rivoluzione del 1956
... Non c'è comunismo senza terrore, poiché il comunismo non è un sistema a misura d'uomo e può essere imposto solo con metodi disumani.
Sandor Marai, Terra, Terra!...
La rivoluzione divampata nell’ottobre 1956 conto il regime, ad opera degli studenti del Politecnico e poi degli operai, fu uno degli eventi cruciali della guerra fredda. Mosca non poteva tollerare un’insurrezione e temeva l’effetto a catena.
L’invasione russa dell’Ungheria, iniziata il 4 novembre, con incursioni aeree, bombardamenti e carri armati, terminò prima di Natale lasciando Budapest ancora una volta distrutta e dominata e oltre tremila morti.
L'ospedale nella Roccia

L’Ospedale nella roccia è costruito nelle grotte della collina del Castello di Buda, grotte conosciute fin dal XIII secolo, ma dimenticate fino al 1931 quando vennero esplorate da speleologhi che trovano tunnel lunghi fino a 10 chilometri. Nel 1939 queste cavità furono usate come rifugi anti aerei. Nel 1944 aprì l’ospedale per curare circa sessanta pazienti, durante la guerra i pazienti diventarono duecento per arrivare a seicentocinquanta nel periodo dell’assedio della città.
Nell’ospedale si eseguivano interventi su due tavoli operatori disponibili, si effettuavano radiografie e i pazienti erano regolarmente ricoverati, i medici erano volontari. Tuttavia durante l’assedio le condizioni furono drammatiche: i potenti generatori supplivano alla mancanza di energia, ma non di acqua e cibo. Le condizioni igieniche pessime e le temperature molto alte, favorirono l’insorgere di epidemie.
Con la fine della guerra e l’arrivo dei russi i medici abbandonarono l’Ungheria. L’ospedale fu chiuso e classificato luogo top secret. Venne riaperto durante la rivolta del 1956 per curare i numerosi feriti.
Negli anni Sessanta, in piena guerra fredda, l’ospedale fu trasformato in bunker antiatomico, con camere di decontaminazione e docce per abbassare la radioattività.
Solo nel 2002 l’ospedale è stato declassificato. Dopo un’importante ristrutturazione in cui sono state ricreate, attraverso manichini e strumenti medici d’epoca le situazioni del passato nel 2007 ha aperto al pubblico.
All’interno dell’Ospedale nella roccia, come per la Casa del Terrore, è vietato scattare fotografie.
Consigli di lettura
Liberazione di Sandor Marai Nel dicembre 1944 l’armata rossa è alla periferia di Budapest, gli abitanti ridotti alla fame, attendono la liberazione dai nazisti, tra speranza di libertà e grande paura dei russi. Quando l’assedio si fa imminente tutti si nascondono nelle cantine dei palazzi bombardati e disabitati.
La banalità del bene di Enrico Deaglio una vicenda tutta italiana, l’incredibile storia di Giorgio Perlasca, un commerciante veneto che, a Budapest, nell’inverno del 1944, è riuscito a salvare migliaia di ebrei dalla deportazione fingendosi il console spagnolo.
Storie dal ghetto di Budapest di Giorgio e Nicola Pressburger Una serie di splendidi racconti, dal ghetto di Budapest prima durante e dopo la seconda guerra mondiale. Partendo dalle origine storiche dell’Ottavo distretto.
Terra, Terra! …di Sandor Marai Un libro straordinario di Mandor Marai Il famoso scrittore ungherese racconta della sua terra dopo la fine della seconda guerra mondiale, dall’arrivo dell’Armata Rossa accolto come esercito di liberazione agli anni della dittatura comunista.
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