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Yangon è una città vitale, i marciapiedi sono pieni di persone, ma anche di bancarelle e mercati improvvisati, la strada è la naturale estensione della casa e delle botteghe, come spesso accade nel sud est asiatico.
La città nasce nel Settecento attorno alla pagoda di Shwedagon, con il nome di Yangon. Gli inglesi, durante il domino coloniale, la ribattezzarono Rangoon. Nel 1989 la giunta militare, che governava il Myanmar, la trasforma nuovamente in Yangon. Nel 1995 la stessa giunta sposta la capitale del paese a Nam Pyi Taw, una città fantasma, una cattedrale del deserto, nella Birmania centrale.

Anche se non è più capitale, Yangon resta la prima città, per importanza e popolazione della Birmania, una città ammagliante: decadenti edifici coloniali, segnati dal tempo e dai monsoni, mercati di quartiere, il traffico veicolare, la vita scorre senza sosta.
Almeno fino al colpo di stato, dello scorso febbraio quando gli esponenti del Lega Nazionale per la Democrazia, il partito che governava il paese, sono stati tutti arrestati in primis la leader Aung San Suu Kyi. Sul Myanmar è nuovamente calato il pesante fardello della dittatura militare, ma a differenza del passato, le notizie di quanto sta avvenendo si diffondono grazie ai social media, nel silenzio della comunità internazionale.

Pansodan Street e bancarelle di libri usati di Yangon

Fatti un giro per Pansodan Street e vedrai che in Birmania la letteratura è tutt'altro che morta. Pansodan Street è conosciuta con l'affettuoso nomignolo di lan-bay tekkatho, "università di strada" E' una via animata che attraversa tutto il centro di Rangoon. Oltre a presentare librerie assai fornite, ha i marciapiedi invasi di banchi di libri e riviste. Libri ovunque si spinga lo sguardo, ammucchiati per terra e disposti su scaffali di fortuna: polverosi classici inglesi, manuali scientifici, romanzi birmani appena pubblicati, libri per studenti di inglese, vecchi dizionari geografici coloniali, poesia contemporanea e racconti in birmano, traduzioni di narrativa e saggistica da tutto il mondo.
Emma Larkin Sulle tracce di George Orwell in Birmania
Per un amante dei libri, passeggiare in Pansodan Street è un’ esperienza sublime. Io cercavo di libri di Orwell, sono riuscita a trovare Nineteen Eighty- Four e Burmese days.
Usati, proprio come li desideravo, con date e annotazioni dei vari proprietari. 1984, così come i libri di Aung San Suu Kyi erano proibiti, durante la dittatura. Essere riuscita a scovarli e pensare al loro viaggio, a chi li ha letti, al fatto che sono passati di mano in mano, quasi certamente clandestinamente, dato che si rischiava l’arresto per una lettura non ortodossa, mi ha dato una grande gioia, ma anche speranza. Libertà e desiderio di conoscenza possono essere seppelliti sotto un terribile giogo, ma nell’uomo non muoiono mai.
Yangon Circle Line

La Yangon Circle Line è un tragitto ferroviario che collega ad anello Yangon, oggi non è più possibile fare l’intero percorso, perché sono in corso lavori di ammodernamento sulla linea. Vale comunque la pena scegliere uno dei due tratti disponibili.
La linea, così pure come la stazione principale sono state costruite dagli inglesi durante il periodo coloniale e non hanno perso quella caratteristica. La Yangon Central Railway Station riporta ad un’epoca che non esiste più, ha il fascino della decadenza, dei luoghi così vissuti da essere diventati un tutt’uno con la città.
I treni sono obsoleti, senza aria condizionata, viaggiano lentamente, al di fuori si delinea un paesaggio semplice e povero.

I birmani osservano con curiosità, i pochi occidentali che intraprendono questo viaggio. Su vagoni un’umanità variegata: chi con il treno vive, vendendo merci a bordo (ciambelle, uova, fiori, occhiali da vista) chi, invece raggiungere il proprio posto di lavoro. Come sempre non mancano consigli, da parte dei birmani sul percorso da seguire, su quale sia la stazione migliore in cui sostare.

I tempi del percorso si dilatano, si recupera il senso di un movimento più lento, dove la velocità non è più né il fine né il mezzo.
La Thanakha
Sul treno si incontrano donne e bambini con il viso truccato con una polvere di colore chiaro. La thanakha:
Le donne birmane sono celebri per la bella carnagione, probabilmente dovuta all’uso della thanakha, una pasta ottenuta macinando la corteccia dell’omonimo albero, che protegge la pelle dai raggi solari e si ritiene abbia proprietà medicinali: Essendo di colore giallastro quando viene spalmata sul volto ha l’aspetto di una maschera di fango; malgrado ciò rimane il prodotto di bellezza più importante delle donne birmane. Nemmeno l’arrivo dei cosmetici moderni ne ha diminuito la popolarità.
Aung San Suu Kyi Liberi dalla paura

Case da tè di Yangon

Il tè è parte integrante della vita culturale birmana.. si tratta perlopiù di esercizi all’aperto di poche pretese: bassi tavoli di legno e sgabelli disposti sui marciapiedi, tende ed ombrelloni per ripararsi dal sole. Ogni casa da tè ha il suo piatto forte… La vita delle case da tè ha un ritmo gradevole, ci si può trascorre anche tutto il giorno…Ma le case da tè birmane non sono innocenti come sembrano. Alle chiacchiere degli avventori – soprannominate suggestivamente ‘vapori di casa da tè’ stanno particolarmente attente le spie del governo.
Emma Larkin Sulle tracce di George Orwell in Birmania
Oggi le case da tè, a Yangon, sono un luogo libero, un luogo pieno di vita per tutto il giorno: dalla colazione alla cena. Il tè nero birmano è forte, concentrato e va diluito con acqua. Si gusta lentamente assaporandone l’aroma intenso. Ancora una volta mi sono trovata a riflettere sul diverso scorrere del tempo in Birmania.
La casa di Aung San Suu Kyi

Quando ho mostrato al driver l’indirizzo al quale volevo andare, mi ha immediatamente sorriso, non solo. Lo ha comunicato a tutti i suoi colleghi lì intorno, un piccolo gruppo di tassisti, ripeteva in coro Aung San Suu Kyi’s House. Questa donna in Birmania è venerata. Rappresenta la speranza e la lotta per la democrazia, ma non solo ora che è stata, in qualche misura raggiunta, ma soprattutto negli anni terribili della giunta militare.
Aung San Suu Kyi.. vive a Rangoon. E’ chiamata la Signora, soprattutto per venerazione: la sola, l’unica che ci può salvare.
Christine Jordis Passeggiate in terra buddhista. Birmania
Non mi addentrerò nella complessa situazione che ha portato ai fatti di cronaca ben noti in Occidente, i rohingya. Ma dall’altra parte non è possibile capire la Birmania senza Aung San Suu Kyi e suo padre Aung San. Per tale motivo mi sento di consigliare la lettura dei libri della Lady, come è chiamata dai birmani. Solo attraverso queste letture è possibile formarsi un’opinione personale su quanto è avvenuto, su come questa donna abbia combattuto per il suo Paese, rinunciando alla famiglia, alla libertà.
Qui un approfondimento
https://paolavignati.com/aung-san-suu-kyi-una-storia-birmana/
Le parole di Aung San Suu Kyi
Non dovete dimenticare che il popolo birmano vuole la democrazia. Qualunque cosa dicano le autorità, è un fatto che la gente vuole la democrazia e non vuole un regime autoritario che la priva anche dei diritti umani più basilari. Il mondo dovrebbe fare tutto il possibile per introdurre il sistema politico voluto dalla maggioranza dei cittadini birmani per il quale tantissime persone hanno sacrificato se stesse.
Aung San Suu Kyi La mia Birmania

Molti mi chiedono come mai sia rimasta coinvolta nel movimento nazionale per la democrazia; in qualità di figlia dell’uomo considerato il padre della Birmania moderna, era inevitabile che mi trovassi in sintonia con le correnti politiche del Paese… Dato che mio padre morì quando avevo solo due anni, non si può dire che l’abbia conosciuto bene… solo quando crebbe iniziai a raccogliere materiale sulla sua vita e sulle imprese che lo avevano avuto come protagonista, cominciai a capire chi era stato e quanto era riuscito a fare in trentadue anni di vita. Allora non solo provai ammirazione per lui quale patriota e statista, ma sviluppai anche un forte senso d’identificazione scoprendo molte analogie nei nostri caratteri. Forse è a causa di questo intenso legame che ho iniziato a provare un profondo senso di responsabilità per il benessere del mio paese.
Aung San Suu Kyi Liberi dalla paura
La grande casa coloniale situata in University Avenue, sulle sponde del lago Inya, non è accessibile, tanto meno aperta alle visite. La sola cosa che si può vedere è il pesante cancello che impedisce la vista dell’interno. L’intero perimetro è circondato da alte mura con filo spinato e all’ingresso una torretta, presidiata da militari.
Perché tanta fatica per vedere un cancello?
In quel luogo la Lady ha scontato la sua pena detentiva durata circa quindici anni. Quello che oggi viene presidiato dai militari come un luogo di memoria, è stato un carcere, altrettanto ben sorvegliato durante la dittatura. Qui si è consumato un pezzo importante di storia birmana. Non è un cancello, ma quello che rappresenta.
Drug Elimination Museum

Il museo dell’eliminazione della droga spicca in bella mostra nella popolosa periferia di Rangoon, un monumento solenne, persuaso dell’importanza dei segreti che costudisce… Il museo fu costruito dalla giunta per dimostrare al mondo intero la sua volontà di sradicare la droga, di cui la Birmania sarebbe una dei principali produttori.
Christine Jordis Passeggiate in terra buddhista. Birmania

In questa calda mattina, sono l’unica visitatrice del gigantesco Drug Elimination Museum, che si snoda su più piani. L’edificio che, dall’esterno appare imponente, all’interno mostra invece, la sua decadenza: il tetto, in molti punti malandato, offre riparo a colonie di piccioni che abitano la struttura e volano liberi. Moltissimo personale statale gira per lo stabile. Forse mi seguono, mi controllano? Di sicuro mi scattano fotografie. Devo essere una dei pochi visitatori occidentali.

Le contraddizioni di una propaganda surreale
Ho scelto di visitare il Drug Elimination Museum perché mi piacciono le contraddizioni. Le immagini, rappresentate con grandi pannelli dipinti, ma anche con mostruosi ed inquietanti manichini, con i corpi ridotti a scheletri mostrano quanto la droga faccia male, come, ogni giorno, distrugga la vita delle persone. Ma per fortuna la giunta militare lotta alacremente contro di essa. Distrugge piantagioni di oppio nel Triangolo d’Oro, la zona di confine tra Myanmar, Thailandia e Laos, nota per la coltivazione del papavero da oppio.
Più interessanti alcuni pannelli istruttivi che indicano la provenienza delle droghe e specificano: l’oppio non ha origine nel Myanmar. Non è una parole di origine birmana. Fu introdotto dagli stranieri, come la morfina messa a punto da un chimico tedesco, o l’eroina inventata dagli inglesi… Il Myanmar, invece, distrugge le droghe, e dal tempo dei re ne vieta l’uso con pene severissime.
Christine Jordis Passeggiate in terra buddhista. Birmania
Si passa dall’orrore alla riabilitazione: i tossicodipendenti capiscono e nel giro di poche immagini abbandonano le siringhe per dedicarsi ai merletti, alle sculture con noci di cocco, come strumento di riabilitazione.
Di cosa bisogna convincere il visitatore, di quante possibilità di cavarsela hanno i giovani drogati oppure dell’ampiezza degli sforzi della giunta?
Christine Jordis Passeggiate in terra buddhista. Birmania
Ho sorriso molto davanti ad una simile propaganda, cercando di nascondermi dagli impiegati del museo, la coltivazione dell’oppio è stata una delle principali fonti di reddito della giunta militare, in quel periodo il Myanmar era il secondo produttore di oppio al mondo.
Dalah

Dalah un sobborgo di Yangon, si raggiunge con una breve traversata in traghetto, in attesa che il ponte di collegamento venga ultimato.

In pochi minuti di navigazione si passa dalla frenetica Yangon ad uno spaccato di vita rurale in Myanmar.
Dalah è calma e placida. Qui la vita scorre lenta e semplice.

Un mercato quotidiano, la vendita del riso, piccole botteghe artigiane tra cui l’impresa sociale ChuChu con finalità etiche, come la realizzazione di prodotti attraverso la plastica riciclata.
Lo smaltimento nella plastica nel sud est asiatico è un problema enorme: prima di tutto manca un’educazione ecologica degli abitanti al corretto smaltimento: così la plastica viene spesso bruciata o peggio ancora gettata nei corsi d’acqua.
Inoltre va aggiunto che il ricco occidente non riesce a smaltire tutta la plastica che consuma e la invia, su enormi navi portacontaneir, a paesi in via di sviluppo che tentano di eliminarla con risultati deleteri.

Non mancano le pagode, come la Shwe Sayan Paya

Bang Daw Gyoke pagoda costruita sull’acqua,la pagoda costruita sull’acqua, per raggiungerla si percorre, a piedi, un lungo ponte.
Più conosciuta come il nome di tempio del serpente: al suo interno circa una trentina di tranquilli pitoni soggiornano su un albero.


Consigli di lettura
Sulle tracce di George Orwell in Birmania di Emma Larkin uno scritto denso di riflessioni e di consigli di viaggio, partendo da un mostro sacro quale Orwell. L’autrice si occupa di Birmania da più di vent’anni, questo le dona un’autorevolezza sul tema.
La Birmania non può dirsi completa senza Liberi dalla paura di Aung San Suu Kyi e La mia Birmania Aung San Suu Kyi in conversazione con Alan Clements Sono due testi imprescindibili per comprendere il pensiero della leader birmana, ma anche e soprattutto conoscere le radici culturali e buddiste del Myanmar.
Ora il libro più intenso, profondo, di analisi su un Paese affascinante. Passeggiate in terra buddhista. Birmania di Christine Jordis. Birmania Un vero e proprio diario di viaggio non solo alla ricerca dei luoghi, ma della comprensione di un popolo e una terra unici. La Jordis, attraverso il suo racconto riesce a smontare i luoghi comuni sull’oriente e a far vacillare le certezze occidentali.
Per l’elenco completo dei consigli di lettura:
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